“Hanno ucciso l’uomo ragno” è la serie prodotta da Sky che sta battendo tutti i record e che sta facendo conoscre gli 883 anche a chi gli anni 90 non li ha vissuti. Ma quanto c’è di vero nella serie tv ?
Le abitazioni
Nella serie il giovane Pezzali abita in Borgo basso, al di là del Ticino, una delle viste più belle della città, luogo di ristoranti storici di cucina pavese. Mauro invece sta dall’altra parte, in centro storico, dalle parti di via Luigi Porta, una delle vie antiche della città medievale.
Non sono i luoghi esatti in cui hanno abitato nella vita reale. In una scena, in cui Max e la bella ragazzina bionda oggetto dei suoi desideri passano in motorino, un Ciao, si riconosce il voltino con l’edicola votiva di Porta Pertusi, sempre uguale a sé stesso. Le scene più periferiche sono invece girate nella zona di Lardirago e Ca’ Della Terra.
Due DISCOTECHE E 106 FARMACIE?
Probabile che le farmacie siano a spanne le stesse di allora: 106 era un’iperbole, un’esagerazione sparata per rendere il punto di vista di due adolescenti più interessati ai locali da ballo. Le discoteche invece erano davvero due: il Docking e il Matisse.
Erano entrambe in pieno centro storico: al posto della prima, un anonimo portone di un anonimo palazzo, non che fosse appariscente a memoria l’ingresso di allora; l’altra dove si suonava dal vivo, nella parte già storica, più o meno la stessa cosa: prima che sparissero, però, un bel po’ di studenti pavesi poco meno che coetanei degli autori, nei primi anni Novanta, s’è scatenato anche sulle note di Hanno ucciso l’uomo ragno, composta nel 1990 e uscita nel 1992.
Sui banchi di scuola
L’incontro tra Max e Mauro, senza il quale gli 883 non sarebbero mai nati, avviene sui banchi del liceo Taramelli dove Max arriva, dopo essere stato bocciato da un’altra imprecisata scuola che non è, come qualcuno ha scritto, il liceo Copernico.
Nella vita reale Max e Mauro si sono incontrati, da compagni di banco, al Liceo Scientifico Copernico. Stando alla ricostruzione di una prof della scuola, che qualche tempo fa aveva scritto una lettera aperta per Max alla Provincia pavese, quotidiano locale, i due si sarebbero incontrati, davvero compagni di banco, nel 1984.
Il racconto della fiction è avanzato di qualche anno. Al centro c’è infatti il 1990, quando i due ragazzi veri, Pezzali è del 1967, non erano già più liceali.
Licenza poetica vuole che il duo frequenti nella fiction il liceo Scientifico Taramelli, che è davvero l’altro liceo scientifico statale della città, quello storico, più antico, nella sede di un ex convento carmelitano. Si potrebbe pensare che sia stato scelto perché situato in un edificio più “scenografico” del Copernico, ma in realtà la scuola che si vede nella fiction non è neppure il Taramelli, forse perché quest’ultimo ha l’entrata affacciata su una via stretta in cui non sarebbe stato facile girare una scena d’insieme: l’ingresso che si vede, con il portico, appartiene invece a un altro istituto statale pavese: la scuola media Felice Casorati.
IL primo strumento musicale?
Licenza narrativa anche per l’esame all’università di Mauro: se s’è mai arrampicato su uno specchio a un esame, non è stato in una materia economica e in un’aula come quella. Mauro Repetto si è, infatti, laureato in storia e critica del Cinema con Lino Peroni, che teneva le sue lezioni in aula di disegno, una delle aule storiche dell’Università nel palazzo centrale, dove erano allora i dipartimenti di Lettere moderne oggi spostati alla Caserma Bixio, in piazza del Lino.
In un video dedicato alla città Max Pezzali ha raccontato che le campane di una chiesa pavese, in cui ha «fatto il chierichetto aggiunto da bambino», sono state il primo strumento musicale suonato nella vita: non sono, però, quelle del Carmine, ma quelle di San Michele Maggiore, romanico lombardo, teatro nel 1155 dell’incoronazione di Federico Barbarossa, ma di fondazione molto più antica.
I fiori di Maria De Filippi e la bocciofila
Nel film si cita un episodio collegato a Maria De Filippi, una consegna di fiori da parte di Max per conto del negozio: fiori inviati da Maurizio Costanzo. Vero che Maria De Filippi abitava a Pavia, vero, a detta di Pezzali in una fugace testimonianza televisiva, che ci sia stata una consegna, una sola, da parte sua quando, ragazzo qualunque, aiutava il padre.
Non è pavese invece la Bocciofila dove prendono un caffè Max e Silvia: si tratta del Circolo bocciofilo La Sorgente, annesso alla parrocchia dell’Ascensione nel quartiere del Quarticciolo a Roma, dove è girata parte della serie, che fu visitato anche da papa Giovanni Paolo II nel febbraio del 1980. Potrebbe apparire insolito come bar di ritrovo per due ragazzi di quell’età, eppure era piuttosto comune all’epoca anche nel pavese che si trascorressero serate se non proprio tra le bocce, giocando a Bowling e nei locali annessi, dove a volte c’era anche la pista per pattinare, rigorosamente su quattro rotelle.
Non esiste più invece quello che era noto a Pavia come quartier generale degli 883 reali, il bar Dante nel quartiere Città giardino: ha chiuso i battenti nel 2007.
Einstein sul Ticino
È vera, in parte, la storia di Albert Einstein a Pavia, che il Museo per la Storia dell’Università ricostruisce così: «Nel marzo 1894 vennero fondate a Pavia le officine elettrotecniche Nazionali Einstein-Garrone lungo il tratto del Naviglio che sfocia nel Ticino. Nel 1895 si trasferirono a Pavia le famiglie di Jakob e Hermann Einstein, lo zio e il padre del sedicenne Albert, che avevano avviato un’attività che avrebbe partecipato ai lavori per l’illuminazione di Palazzo Botta, sede di alcuni istituti dell’ateneo pavese. Un ambizioso progetto di elettrificazione di Pavia, invece, non andò in porto e, a soli due anni dalla fondazione, le officine vennero messe in liquidazione».
Albert era rimasto in collegio a Monaco per completare il Ginnasio, ma, insofferente al clima della scuola, dopo pochi mesi la lasciò per raggiungere la famiglia in Italia. La storia della bocciatura nasce in realtà dal fatto che, non avendo la licenza di scuola superiore, Albert Einstein provò nel 1895 ad accedere, a 16 anni, con due anni di anticipo al Politecnico di Zurigo, tramite un esame di ammissione che non superò nonostante i buoni voti nelle discipline scientifiche per le prove insufficienti in campo umanistico. Vi entrò successivamente dopo aver preso il diploma ad Aarau. Insomma a Pavia era arrivato, ma non per castigo.
Fonte: famigliacristiana.it